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Studi di settore: l'analisi della Confesercenti Emilia Romagna evidenzia la faticosa tenuta del numero delle imprese che li rispettano. Indilazionabile l'abbassamento della pressione fiscale
Dall’indagine annuale dell’ufficio economico della Confesercenti Emilia Romagna che ha analizzato un campione di 9.342 studi di settore di aziende operanti nell’ambito del commercio, turismo e servizi in tutta la regione, relativi all’anno di imposta 2013 e confrontati con gli anni precedenti, emerge che rispetto al 2012 sono praticamente invariate le ditte congrue più quelle che si sono adeguate agli studi, passando dal 77,2% al 76,8% (-0,4%) del 2013. Inoltre, confrontando i dati del 2006, pari al 65,5%, con il 76,8% del 2013, si evince che nel periodo c’è stato un aumento dell’11,3% di ditte che rispettano gli studi di settore.
In ogni caso, negli ultimi 4 anni, la somma delle ditte congrue più adeguate si è attestata sempre su una media superiore al 75%.
Per quanto riguarda l’incidenza dei correttivi anticrisi sugli indici di congruità delle ditte, si riscontra una diminuzione del dato che era del 43,1% nel 2012 ed è passato al 41,6% nel 2013; ciò significa che si è tenuto conto, ma in modo insufficiente, della situazione molto pesante che stanno vivendo le imprese che vedono i costi aumentare, mentre la redditività si è ridotta ai minimi termini, tanto è vero che molte sono costrette a chiudere.
Questa analisi statistica evidenzia inoltre la continua flessione dei ricavi in alcune categorie del commercio, della somministrazione e dei servizi: è il caso ad esempio dei ristoranti e pizzerie il cui ricavo medio diminuisce del 2,2% tra il 2013 e il 2012, del commercio ambulante -6,1% e dei generi di monopolio il cui ricavo medio è diminuito del 5,5% in un anno.
“Ancora una volta i dati dimostrano il grande impegno delle p.m.i. a rispettare gli studi di settore nonostante la pesantezza della crisi e la flessione dei fatturati – sottolinea Stefano Bollettinari, direttore di Confesercenti Emilia Romagna – ma nello stesso tempo si evidenzia che fanno sempre più fatica a farlo e che gli stessi ‘correttivi anticrisi’ non sono ormai più sufficienti. E’ quindi indilazionabile l’abbassamento in forma strutturale e permanente della pressione fiscale generale e locale su imprese, famiglie e lavoro, se vogliamo veramente uscire dalla crisi nel corso del 2015”.